Meglio era dir al contrario: già che appunto ove non era termine nè distinzione, ivi non poteva esser nè luogo nè linea finita, chi non avesse dato determinazione avanti alcuna cosa determinata; e per tanto, all'opposito, la vostra ragione, cioè che si potesse favoleggiar linee finite nell'infinito e nel finito, sia tanto repugnante, che nè anco la favola vi trova il verisimile.
3. Alla terza si risponde, che i corpi non si rimovono da' proprii luoghi, come ho anco detto; ma dato per caso che non vi fussero, vi si ricondurrebbono, o essi over le sue parti, secondo che occorresse. Nè è disordine alcuno che nel passaggio cedesse l'uno all'altro, essendo quei corpi che cedono facili a questo, come si vede dell'aria e dell'acqua, onde, cedendo, operano o permettono che altri operi circa essi, secondo la lor natural disposizione; anzi che non si dicono naturali perchè principalmente operino effetti naturali, ma più tosto perchè da naturali agenti sono passibili, o in potenza (come dicono) passiva: talchè per quel patimento non nascerebbe disordine oltrenaturale, nè sconvenevole, tanto più che da maggiori loro disordini (per così chiamargli con voi), cioè dal generarsi e corrompersi, si conserva il mondo; ed è naturalezza delle cose generabili che siano in perpetua discordia ed in regolato disordine, come è manifesto non solo per ragioni filosofiche, ma per sensate sperienze ancora. Or se il distruggersi (che è l'ultimo de' mali, non che di disordini) non repugna alla natura, non è cagione di confusione inutile nè di disordine immoderato, onde tante revoluzioni irreparabili tribuite voi al moto puro locale per agitarsi o commoversi i corpi mossi? non essendo egli in niun modo, quanto è per sè stesso, distruggitore delle cose.
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Le opere di Galileo Galilei
Edizione nazionale sotto gli auspici di sua maestà il re d'Italia. Volume VII
di Galileo Galilei
Tipografia Barbera Firenze 1897
pagine 1069 |
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