Anzi, se il rimover la quiete (che chiamate tardità infinita) avesse per adeguata causa l'accrescimento di velocità (come dite), necessariamente ogni moto, tanto (dico) naturale retto, quanto circolare o violento, ricercherebbono velocità sempre maggiore, già che tutti cominciano dalla quiete. E se mi direte, in questi (cioè nel circolare e violento) ciò non occorrere, dunque (ripiglio) non fu la causa potissima la quiete, e per conseguente non dimostrate; già che la dimostrazione procede per cagioni sì necessarie ed infallibili, che sempre producono i suoi effetti. In oltre, se per levar via la tardità infinita, che è nella quiete, si ricercassero gradi sempre maggiori ed infiniti di velocità, seguirebbe che un moto fatto da un punto per linea perpendicolare, dalla sommità altissima di una torre, sarebbe meno veloce che un altro fatto dall'istesso punto per linea declive, grandemente inclinata all'istesso piano; e, per essempio, una pietra che calasse giù a piombo per dritta linea, discenderebbe meno veloce assai di un uomo che per longhissimo e poco arcuato ponte venisse in terra, discendendo quella e questi dalla medesima altezza della torre. La consequenza è chiara: perchè bisogna (secondo voi) levar via i gradi dell'infinita tardità con altri di rispondente velocità; se dunque nella linea inclinata si acquistano sempre gradi di velocità, e parimente nella perpendicolare, in quella tanti saranno di più, quanto che il spazio è più lungo; o almeno saranno egualmente veloci quei moti, già che l'uno e l'altro hanno superata la quiete o tardità infinita e sono pervenuti ad un medesimo segno.
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Le opere di Galileo Galilei
Edizione nazionale sotto gli auspici di sua maestà il re d'Italia. Volume VII
di Galileo Galilei
Tipografia Barbera Firenze 1897
pagine 1069 |
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