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      Dire che stessero tutte immobili, è posizione ripresa da voi contra Aristotile, per non dir repugnante alla natura ed al senso. Vederle corrersi appresso nel modo predetto, sarebbe un bel spasso: non voglio dirvi stravaganze ripugnantissime a voi medesimo, al vero, al verisimile, e quasi all'imaginario ancora. Oltre di ciò, in materia sì tenue e cedente, non sarebbe alcun inconveniente che una stella intera si corrompesse: perchè, essendo ella della natura del suo orbe (come voi stesso dite contra l'Antiticone), sarebbe sottoposta alle istesse mutazioni; e se ben sia più densa, la sua densità però non potrebbe esser tale che si facesse diversa dal cielo (nel modo che l'aria densa non è del tutto diversa dalla pura); per conseguente si potria corrompere come l'istesso cielo. Anzi sarebbono le stelle più facilmente dissolubili che le comete, quanto il cielo fusse più tenue dell'aria, e quanto che nelle comete si racchiude materia terrea e tenace che le rende durevoli, la quale nelle stelle, a porzione del loro orbe, non potrebbe contenersi. Nè la similitudine che voi apportate della Terra (cioè che mai si veda corrotto l'intero suo globo) è di momento alcuno: perchè si corromperanno più facilmente cento mila parti di un corpo tenue e dissipabile, che una minima di un denso e tenace. Eccovene l'essempio a pennello: sarà un stagno grandissimo di acqua: questo nel mese solo di agosto facilmente del tutto si secca; ed in diece anni, ed in cento, non si sarà corrotta una piccola zolla di dura terra.


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Le opere di Galileo Galilei
Edizione nazionale sotto gli auspici di sua maestà il re d'Italia. Volume VII
di Galileo Galilei
Tipografia Barbera Firenze
1897 pagine 1069

   





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