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      2. La comparazione è fra le posizioni Aristoteliche e le vostre, che io intendo esser per nulla. Quanto a gli accidenti ed osservazioni che avemo nel nostro secolo circa il cielo, se voi realmente con dimostrazione infallibile proverete che siano successi nell'interno de' corpi celesti, non ha dubbio alcuno che Aristotile mutarebbe opinione: già esso non intende ricercar altro che il vero, e quello specialmente che ha per fondamento la cognizione del senso; egli stesso in molti luoghi lo dice, come sapete benissimo. Anzi non solo bisognerebbe mutar opinione circa l'incorruttibilità de' corpi celesti, ma rivolger sossopra i primi principii delle cose naturali, e dire (all'opposito di quel che a piena bocca diciamo, cioè che operi la natura ordinatamente sempre nell'istessa maniera) che sia essa natura più variabile, più incostante, più cieca, più capricciosa, della fortuna medesima: già fa corpi vastissimi celesti (dico delle nuove stelle), e poi di lì a poco tempo gli distrugge; il che non ha fatto mai per il passato. Voi però durerete fatica a dimostrarlo; dalle instanze lo conoscerete: già le dimostrazioni sono insolubili, nè patiscono instanze. Veniamo pur alla prattica.
      3. Dite che nel cielo si sian visti, e si veggan tuttavia, accidenti simili a quelli che noi chiamiamo generazioni, e da gli astrologi siano state osservate molte comete generate e disfatte in parti più alte dell'orbe lunare. Al che rispondo (salvo ogni miglior giudizio, a cui sempre mi rimetto; già queste mie fatiche sono puri esercizii[12]), che queste tali osservazioni siano state alluccinazioni, cagionate dalla distanza, dalla debolezza della potenza visiva, dalla deformità ed indisposizione del mezo, dall'insufficienza dell'instrumento o di altro[13]. Ma veniamo a' particolari.


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Le opere di Galileo Galilei
Edizione nazionale sotto gli auspici di sua maestà il re d'Italia. Volume VII
di Galileo Galilei
Tipografia Barbera Firenze
1897 pagine 1069

   





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