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      E quando senza illusioni le vedeste, preporrei la cognizion sensata ad ogni altra; anzi giudicherei il discorso non opra di ingegno ragionevole, ma chimere di confusa ed irregolata imaginativa.
      13. Che poi per virtù del telescopio il cielo vi si sia fatto trenta o quaranta volte più vicino di quello che fusse ad Aristotile, io già ho detto che, se bene per sorte a i tempi di Aristotile non si trovava questo instromento di tal forma, ve ne potevano esser de gli equivalenti, e forse anco migliori. Ma supponiamo con voi che non vi fussero: io vi domando: Il cielo, che per conoscenza si è avvicinato trenta o quaranta volte più a voi che non era ad Aristotile, in qual distanza determinata volete figurarvelo? voglio dire che, se ad Aristotile appariva lontano, per essempio, quarantamila miglia, a voi sia mille solamente, anzi pur cinquecento e meno. Or ditemi, qual certa e distinta cognizione visiva nella distanza di cento miglia potete aver voi delle cose che ivi si trovano? ditelo pur sinceramente. Io, quanto a me, e gli uomini anco di acutissima vista, non discernono appena le gran montagne. E se in verità, secondo le vostre asserzioni, i cieli, e massimamente il Sole, anco col vantaggio del telescopio, è lontano migliaia di miglia, che giudizio ne potrete dar voi?[22] Se con reale evidenza mostrarete quel che pretendete di fare, ruinerà in questa parte la dottrina peripatetica, riformarete anco i cervelli de gli uomini, la cui genial forma è l'evidenza del vero; sì che non aguzzeranno le penne contra di voi, nè metteranno in dispreggio i vostri scritti, ma più tosto, convinti dalla forza invincibile della verità, ergeranno a voi altari di gloria entro i lor cuori, le loro lingue saranno trombe sonore della vostra fama, e quasi novello Atlante sarete tenuto unico e singolar sostegno della cadente filosofia celeste.


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Le opere di Galileo Galilei
Edizione nazionale sotto gli auspici di sua maestà il re d'Italia. Volume VII
di Galileo Galilei
Tipografia Barbera Firenze
1897 pagine 1069

   





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