Talchè nel corpo diafano i lumi o colori più deboli, concorrendo debilmente ed insieme con i più potenti e lateralmente appresentati, e per la diafaneità e per l'obliquità o non si riflettono o pur non facilmente, se bene nella superficie non diafana avrebbono la sua visibilità e reflessione, ancorchè non così diretta, come ho detto, perchè non hanno la penetrazione, da cui restino (per un certo modo d'intendere) quasi occultati. Ma forse mi dirà alcuno, quali trasparenze si generino, ed in qual maniera, in un argento, in uno acciaio, o altrove, dall'esser bruniti? Dico che da quella confricazione si fa una disposizione più atta alla penetrazione del lume, e questo basta; essendo esso lume un accidente meraviglioso, di attività indicibile, onde, con modo difficilissimo da intendersi, penetra i corpi lucidi, ancorchè durissimi, e da loro si riflette, purchè s'incontri in opaco terminante.
11. De i due dubbi proposti, il primo non porta controversia, anzi conferma la mia posizione dell'apparir per raggi retti il corpo luminoso etc.
12. Già che per questa causa volete che apparisca maggior lume, onde (aggiungo) non per le molte superficiette, ed eccovi un altro punto di incostanza ne i vostri detti.
13. All'aggiunta dico, che in un corpo piccolo dominato o risguardato totalmente da un luminoso grandissimo, non possono cadere coteste differenze, o non possono esser sensibili; conciosia che la nostra vista in fondamento materiale organico ricerca l'oggetto con proporzione di quantità conforme.
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Le opere di Galileo Galilei
Edizione nazionale sotto gli auspici di sua maestà il re d'Italia. Volume VII
di Galileo Galilei
Tipografia Barbera Firenze 1897
pagine 1069 |
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