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      Così le robbe che sono in una nave, e che egualmente participano il moto di lei, si movono realmente, se bene non si allontanano l'una dall'altra; e voi commettete un paralogismo molto spaccato, mentre dite: "Non si movono overo non si allontanano l'una dall'altra; dunque non si movono, o pure quel moto non è moto"; come chi dicesse: "Due palle di piombo, tratte da un medesimo archibugio con egual velocità, nell'istessa distanza ed ad un medesimo segno, perchè hanno participato l'istessa violenza, non si son mosse". L'egualità suppone il suo fondamento: come se dicessimo "La torre ed il campanile sono uguali di altezza", dunque bisogna inferire "Ambidue sono alti, o quanti", e non (come fate voi) "Dunque non hanno quantità". Così appunto: "Si movono di equal velocità e dell'istessa participazione di moto le robbe di una nave, dunque non si movono"; anzi si movono, dico, già che hanno il moto uguale, etc. È vero che, facendo comparazione tra loro, questo moto non le distingue, e per l'uniformità non si conosce; ma che per questo non vi sia o non sia moto (che è l'istesso), è, non dirò, falsissimo, ma ridicolo ancora. Da questo séguita parimente, quanto egregiamente (secondo il suo solito) abbia detto Aristotile, che il moto è sempre sopra qualche cosa immobile, e non in rispetto (come voi dite) di altra cosa immobile; conciosia che il rispetto non ha che far con il moto, e l'immobile (che sarà almeno il principio o fine di esso) gli è assolutamente necessario. Io so però che la vostra intenzione nel far questo novello supposito è stata per mostrare, che tanto col moversi il primo cielo e star ferma la Terra, quanto col moversi la Terra e star fermo il cielo, avressimo l'istesse apparenze, aspetto o siti, onde sarebbe difficile conoscer se il moto fusse del cielo o della Terra: il che gratis vi si concede, specialmente se si faccia comparazione di un moto solo, non discendendo alla varietà di molti o diversi.


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Le opere di Galileo Galilei
Edizione nazionale sotto gli auspici di sua maestà il re d'Italia. Volume VII
di Galileo Galilei
Tipografia Barbera Firenze
1897 pagine 1069

   





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