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      Dice egli per tanto, e bene, che essendo le stelle fisse nel proprio orbe, secondo la distanza che hanno da i poli, così fanno o disegnano cerchi maggiori, ancorchè esse stelle non fussero tutto eguali; il che non solo non è inconveniente, ma congruo e necessario. Sarebbe forse verisimile, che le maggiori in maggior circolo con maggior velocità si movessero, mentre ciascuna da sè stessa avesse il proprio moto, aggiungendovi la proporzion del vigore, nel modo che diciamo esser più veloce un veltro grande e gagliardo di un debile e piccolo; ma essendo il moto altrui, e di altri l'obiezzione, non vostra, non occorre diffondersi in più prolissa risposta. Se quello delle quali non si dubita, (che credo intendiate de' pianeti) si movono in cerchi massimi, ciò avviene perchè sono situate lontane da i poli, il che è manifesto dal non uscir esse dal spazio del zodiaco; che se a i poli più vicini fussero poste, farebbono giri minori, e così l'essempio è contra voi, più tosto che in favore. Nè so imaginarmi, nè voi credo sappiate dirla, chè non la tacereste, qual sia non buona determinazione, che corpi distanti per immensità grandi dal centro non si possano movere in cerchi piccolissimi circa i poli. Forse alla distanza immensa avrà da rispondere la immensità di cerchi nel proprio orbe? e perchè? Rendete, rendete le ragioni delle vostre asserzioni, che in queste consiste la formalità del sapere: e pur ne sete sempre sì scarso, che appena in mille ne assegnate una, e questa per lo più dialettica e forse imaginaria.


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Le opere di Galileo Galilei
Edizione nazionale sotto gli auspici di sua maestà il re d'Italia. Volume VII
di Galileo Galilei
Tipografia Barbera Firenze
1897 pagine 1069