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      Essendo dunque assolutamente impossibile, anzi inimaginabile, che possa una gran machina di pietre esser per un istante sostentata dall'aria, cedentissima e quasi di niuna resistenza, non potrà nè anco esser portata in giro con velocità eguale al moto della Terra. E se direte che la sostenta e che la porta, sopra questa vostra sostentazione e portata io con consequenza buona fabricai castelli e città in aria, stabili quanto sono i vostri fondamenti sopra i quali son fondati sì ammirandi edificii. Che un sasso cadente dall'albero della nave corrente venga direttamente al piede dell'albero, io non lo credo; e quando lo vedessi, m'ingegnerei trovargli altra cagione che la rivoluzion della Terra[43], e questa sarebbe la immensa velocità di quel sasso, non conosciuta distintamente in sì breve spazio dalla tarda facultà sensitiva, con qualche aiuto del striscio che farebbe la pietra circa l'albero, etc. Per venir poi ad un vostro disegno di impugnar la dottrina di Aristotile, tirate il vostro Simplicio ad imporvi un supposito che non faceste mai, cioè che quel sasso, che casca da alto a basso, riceva il moto da virtù impressa dal proiciente, "la qual virtù (dice l'istesso Simplicio) è tanto esosa nella peripatetica filosofia, quanto il passaggio di alcuno accidente d'uno in un altro soggetto; ma ben è vero che, secondo l'istessa peripatetica filosofia, il proietto vien portato dal mezo; e però se quel sasso, lasciato dalla cima dell'albero, dovesse seguire il moto della nave, bisognarebbe attribuire tal effetto all'aria, e non a virtù impressagli: ma voi supponete che l'aria non séguiti il moto della nave, ma sia tranquilla.


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Le opere di Galileo Galilei
Edizione nazionale sotto gli auspici di sua maestà il re d'Italia. Volume VII
di Galileo Galilei
Tipografia Barbera Firenze
1897 pagine 1069

   





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