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      Ben sono in sè stesse ammirande l'opre della natura, ed eccede la ragione la cognizione tardissima del senso! È vera (dico) per tanto secondo la ragione dimostrativa la proposizion d'Aristotile, ma non è misurata adeguatamente dal senso; nel modo appunto che i matematici, con la miglior parte de' filosofi, vogliono che in ogni continuo siano parti infinite, e lo tengono per indubitato, e pur repugna al senso e quasi alla capacità istessa dell'intelletto; Nondimeno in alcuni gravi di materia men terrea o men pesante, come sono tavole ed altro, se ne vede, se non a pieno (per il difetto sudetto del senso), almeno a porzione, esperienza sensata e convenevole; ed io già con il prenominato parziale di queste vostre dottrine lo pratticai di vista, e la dottrina di Aristotile vi corroborai.
      Dite (a car. 230), di aver così per naturale il moto in su di gravi per l'impeto concepito, come il moto in giù dependente dalla gravità, anzi che de' due moti, l'uno chiamato naturale, l'altro violento, sia un solo principio naturale, e, per conseguente, quel che vien detto violento, non sia tale in effetto; e ne apportate essempi diversi, come del grave percosso in Terra, che dall'istessa virtù che giù lo spinse, per riflessione lo ribalza in su. Parimente, se la Terra fosse perforata per un pozzo che passasse per il centro di essa, una palla di artiglieria, lasciata cader in giù, da principio intrinseco naturale si condurebbe al centro, e colà giunta continuerebbe di moversi, e sarebbe andare all'insù, cioè verso il cielo dall'altra banda, e questo è detto moto violento: dunque proviene da principio naturale etc.


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Le opere di Galileo Galilei
Edizione nazionale sotto gli auspici di sua maestà il re d'Italia. Volume VII
di Galileo Galilei
Tipografia Barbera Firenze
1897 pagine 1069

   





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