In oltre, una palla di legno, descendendo impetuosa dall'aria nell'acqua, continuando la sua scesa per longo tratto si sommerge; e pur è contra la natura del legno, la quale è di nuotar sopra l'acque. Ed in una parola (aggiungo io), tutti i proietti che cominciano col moto naturale, e per quel che diciamo violento si riflettono, hanno da un intrinseco principio solo l'uno e l'altro moto; dunque sono ambi naturali. Onde sarà anco falsissimo quel che dice Aristotile, che sia violento quello il cui principio è esterno, essendo questi tali moti, detti da noi violenti, da interno principio.
Or io con brevità vi rispondo, che propriamente solo quel moto deve dirsi naturale, che immediate da principio naturale senza concorso di alcuno estraneo agente o impedimento proviene, ed è ordinato dalla natura del mobile a conseguir il fine overo il termine naturalmente dovutogli; che se poi trova impedimento, per quello (che è ed al mobile ed al moto medesimo estrinseco) degenera e s'imbastardisce, anzi muta natura e diventa violento, talchè non ha il principio medesimo che aveva: e così non è l'istesso principio del moto naturale e del violento, come voi stimate. Il violento, all'opposito, nè immediate dall'interno principio proviene, nè al termine naturale è ordinato, ma sempre estraneo, sempre repugnante all'acquisto di esso termine. Meglio però sarò inteso, se discenderò a i particolari de' vostri essempi.
A quel dunque del grave cadente riflesso, come una palla da giuocare che percossa in Terra ribalza, vi dico che quel moto all'insù non procede dall'istesso principio da cui procedette quello all'ingiù; poichè quello fu causato dalla gravità naturale del proietto, aiutata forse dall'impeto del proiciente (che poco però importa), ma quello all'insù del ribalzo viene dall'estrinseco riverberante, che è la Terra o altro tale: e quella virtù che naturalmente operava nel discenso, impedita e conturbata, cessa dall'opra naturale, ed in suo luogo succede dalla predetta cagione la violenza con gli suoi proprii effetti; e perchè nel riflesso trameza la quiete, diventano due moti diversi, e da diverse cagioni[50]: ed in questa maniera non è l'istesso principio di due contrarii moti, se bene gran forza prende il violento dal naturale, che suppone per base e per fondamento, come il calor estraneo di febre sopra il nativo si fonda e si avanza, anzi dalla corruzzione o alterazione di esso riceve l'essere.
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Le opere di Galileo Galilei
Edizione nazionale sotto gli auspici di sua maestà il re d'Italia. Volume VII
di Galileo Galilei
Tipografia Barbera Firenze 1897
pagine 1069 |
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