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      Mostratemi, vi priego, caro Sig. Galileo (chè non ho in verità, non ho, per Dio, altro fine che d'imparare), mostratemi[60] i grandi assurdi di questa posizione (che abbozzo, che accenno solamente, e ne lascio il compimento a chi più sa[61]), e perché tanti giri nelle stelle Medicee? perchè tanti cerchi a guisa di scorza di cipolla intorno al Sole, come pur dite voi[62] e per salvar la vita a corpi sì nobili e sì degni non si trova nelle ricchezze della sfera stellata un cerchietto ove le misere possano ricuperarsi senza periglio? poverette, quanto vi compatisco! Ma aggiungo di più, che le cose nove sogliono esser più salde e più vigorose che le vecchie[63]; e pur di quell'altre, già numerate da gli antichi, non si è vista tal corruzzione giamai: lo confessate voi stesso, anzi burlate chi dicesse che una stella intiera si possa corrompere, come non si corrompe mai tutto il globo total della Terra; ricordatevene un poco, Sig. Galileo, e considerate le vostre ordinarie contradizzioni ad ogni passo[64], nè crediate abbiano da esser interpretate come i responsi de gli oracoli. Ma so ben io donde può divenir questa diversità fra le antiche e le moderne stelle, dal difetto della natura e dell'artefice: quella non avrà più materia sì salda per queste stelle nove, simile a quella delle vecchie; è esausto il suo erario, il tempo gli l'ha tarmata: e l'artefice sarà fatto vecchio, inabile, impotente, non saprà formar (come già faceva) le sue strutture ingegnose. Che peccato! Queste son le più belle cose che poteste mai dire[65]: e forse non le dite per non far vulgari sì alti misteri, onde stimate meglio tacere; o volete publicar voi le conclusioni, che altri ve le difenda(365). Vedete ormai con occhio lucido e con la mente tranquilla, aliena dall'amor disordinato di gloria, se sia o no corruttibile il cielo, o (per dir meglio) quanto abbiate in ciò mostrato ingegno e sapere.


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Le opere di Galileo Galilei
Edizione nazionale sotto gli auspici di sua maestà il re d'Italia. Volume VII
di Galileo Galilei
Tipografia Barbera Firenze
1897 pagine 1069

   





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