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      Io però non intendo, nè che voi, nè che Aristotile, nè che altr'uomo del mondo, penetri questi arcani; ma a gli animi docili e moderati basta di ridur al più congruo, al non implicante, al verisimile; al vero esatto, adeguato, in niun modo: è pensiero verace e modesto d'Aristotile, è verità reale; e tanto sarebbe a dire che uno si desse a credere come sia fatto il cielo, perchè da lontano lo vede e lo contempla, come che un temerario nato in una grotta, che non avesse mai visto umane abitazioni, vedendo dalla cima d'un monte fra dense caligini una gran città, pretendesse sapere ciò che vi si contenga dentro, anco nelle case nelle sale e nelle camere de gli abitanti[66]. E se il nostro corpo, tanto vicino a noi stessi, che è parte di noi, con tante anotomie di uomini sì grandi nell'arte, non è ancor in parte pienamente conosciuto, e ne resta in controversia l'essenza istessa di lui, conosceremo il celeste?[67] Oh con quanta sapienza hanno simboleggiato i più savii, che alcuni, misurando il cielo e credendo entrare ne' penetrali del Paradiso, non veggono la fossa che in Terra hanno pericolosa avanti gli occhi![68]Non voglio trascurar un punto che, quasi con digressione, voi toccate contra Aristotile, cioè che non sia stato provato da alcuno sin ora, che il mondo sia finito; conciosia che avendolo creduto di provar Aristotile per via del moto circolare, il quale non può esser di altro che di corpo finito, se gli negherete (dite) l'assunto, cioè che l'universo sia mobile, tutte le sue dimostrazioni cascano.


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Le opere di Galileo Galilei
Edizione nazionale sotto gli auspici di sua maestà il re d'Italia. Volume VII
di Galileo Galilei
Tipografia Barbera Firenze
1897 pagine 1069

   





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