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      Sin qui, ed in quel che segue appresso, commettete voi tanti errori, che, per trarvene, non so quasi da qual incominciare.
      Or sia il primo considerato quello dove voi con certa esclamazioncella mostrate di maravigliarvi che io non capisca la forza della ragione che a voi pare che chiaramente concluda la proposizione di Aristotile; ed è che se l'effetto reale inseparabile della gravità è tendere all'ingiù, perchè ove più gravità si ritrova, ivi non ha da accelerarsi più il moto del corpo cadente, e così sempre a porzione (a proporzione, Sig. Rocco, si dice), eccetto se occorresse estraneo impedimento?(455)
      Qui, la prima cosa, equivocate, nel dedurre dalle premesse non quel che direttamente ne viene, ma una conseguenza falsa, che con quelle non ha connessione veruna; perchè, posto che effetto della gravità sia il tendere all'in giù, dove è più gravità, ivi si deve tendere più in giù, e non con maggior velocità, poichè nell'assunto non si parla della velocità, ma solo dell'in giù: e questa conseguenza è verissima; e per questo un sasso va tanto in giù, che un legno non vi va, cioè quello, come più grave, scende nel fondo del mare, dove un legno, come men grave, non si profonda. Ed avvertite(456), secondariamente, che il più e men grave si deve intendere non assolutamente, ma in specie, perchè una trave che pesi mille libbre non anderà così in giù come un sasso di una libbra e anco di un'oncia; sì come nell'aria, dove ambedue discendono, più velocemente si moverà la pietra che l'immensa trave, per esser la pietra in specie più grave del legno.


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Le opere di Galileo Galilei
Edizione nazionale sotto gli auspici di sua maestà il re d'Italia. Volume VII
di Galileo Galilei
Tipografia Barbera Firenze
1897 pagine 1069

   





Aristotile