4. E qui, per il quarto scandaglio, conviene esaminar la ritirata che voi fate in difesa d'Aristotile. E prima voi dite, che il ridursi, per assicurarsi del fatto, al farne(463) l'esperienza non è di momento alcuno, ma assai manchevole per il difetto del senso, perchè il tempo nel quale si passa lo spazio da i due gravi è così breve, che non può dalla vista esser con sì fatte proporzioni diviso, etc. Ma, Sig. Rocco mio dolce, dato e non concesso che il tempo per la sua brevità non ammettesse una divisione nelle proporzioni delle velocità, conforme all'asserto d'Aristotile, questo che voi dite averebbe loco quando tal divisione si avesse a fare; ma io dico che non si ha a dividere(464) nè tempo nè spazio nè altro, perchè i due mobili cadenti percoteranno in Terra nell'istesso momento, nè il maggiore anticiperà il minore di due dita, cadendo anco dalla altezza di 200 braccia. Ed acciò che voi restiate non dirò persuaso(465), ma libero dal più affaticar la mente per sostenere il vostro detto invano, pigliate due pietre, una per mano, e tenendo una(466) alta dal pavimento un sol braccio e l'altra un braccio e mezzo, lasciatele(467) cadere, aprendo le mani nell'istesso momento, e notate con l'udito le percosse loro, che assolutamente e sensatamente le sentirete distinte l'una dall'altra: e veduta questa esperienza, se poi vorrete persistere in asserire che i tempi(468) delle cadute da 100 braccia di altezza di due mobili, de' quali, quando l'uno percuote in Terra, l'altro, secondo voi ed Aristotile, si trova alto braccia 99, siano tanto brevi che non si possa notare se siano eguali o sommamente disuguali, tal sia di voi.
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Le opere di Galileo Galilei
Edizione nazionale sotto gli auspici di sua maestà il re d'Italia. Volume VII
di Galileo Galilei
Tipografia Barbera Firenze 1897
pagine 1069 |
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