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      Di V. S. molto M.caAffettionatiss.o Servitore
      David Ricques.
     
      Fuori: Al molto Mag.co et mio Oss.mo Sig.reIl Sig.re Galilaeo Galilaei, Mathematico digniss.mo, in
      Padoa.
     
     
     
      104.
     
      PAOLO SARPI a GALILEO in Padova.
      Venezia, 9 ottobre 1604.
     
      Bibl. Naz. Fir. Mss. Gal., P. VI, T. VII, car. 103. - Autografa.
     
      Ecc.mo Sig.re P.rone mio Oss.mo
     
      Con occasione d'inviarli l'allegata, m'è venuto pensiero di proporli un argomento da risolvere, et un problema che mi tiene ambiguo.
      Già habbiamo concluso, che nessun grave può essere tirrato all'istesso termine in su se non con una forza, et per consequente con una velocità. Siamo passati (così V. S. ultimamente affermò et inventò ella) che per li stessi termini tornerà in giù, per quali andò in su. Fu non so che obietione della palla dell'archibuggio: il fuoco qui intorbida la forza dell'istanza. Ma diciamo: un buon bracio, che tira una frecia con un arco turchesco, passa via totalmente una tavola; et se la freccia discenderà da quella altezza dove il braccio con l'arco la può trarre, farrà pochissima passata. Credo che l'instanza sii forse leggiera, ma non so che ci dire.
      Il problema: se saranno doi mobili di disugual specie, et una virtù minore di quello che sii capace, riceverà qual si voglia di loro; se comunicandosi la virtù a ambi dua, ne riceveranno ugualmente: come se l'oro fosse atto di ricevere dalla somma virtù 20 et non più, et l'argento 19 et non più, se sarrano mossi da virtù 12, se ambi dua riceveranno 12. Par di sì; perchè la virtù si comunica tutta, il mobile è capace, adonque l'effetto l'istesso.


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Le opere di Galileo Galilei
Volume X. Carteggio 1574-1610
di Galileo Galilei
Barbera Firenze
1964-1965 pagine 710

   





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