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      Haverò caro che V. S. molto R.da lo consideri un poco, et me ne dica il suo parere. Et se accettiamo questo principio, non pur dimostriamo, come ho detto, le altre conclusioni, ma credo che haviamo anco assai in mano per mostrare che il cadente naturale et il proietto violento passino per le medesime proporzioni di velocità. Imperò che se il proietto vien gettato dal termine d al termine a, è manifesto che nel punto d ha grado di impeto potente a spingerlo sino al termine a, et non più; et quando il medesimo proietto è in c, è chiaro che è congiunto con grado di impeto potente a spingerlo sino al medesimo termine a; et parimente il grado d'impeto in b basta per spingerlo in a: onde è manifesto, l'impeto nei punti d, c, b andar decrescendo secondo le proporzioni delle linee da, ca, ba; onde, se secondo le medesime va nella caduta naturale aqquistando gradi di velocità, è vero quanto ho detto et creduto sin qui.
      Quanto all'esperienza della freccia(223), credo che nel cadere aqquisterà pari forza a quella con che fu spinta, come con altri esempi parleremo a bocca, bisognandomi esser costà avanti Ognisanti. Intanto la prego a pensare un poco sopra il predetto principio.
      Quanto all'altro problema proposto da lei, credo che i medesimi mobili riceveranno ambedue la medesima virtù, la quale però non opererà in ambedue il medesimo effetto: come, v. g., il medesimo huomo, vogando, communica la sua virtù ad una gondola et ad una peotta, sendo l'una et l'altra capace anco di maggiore; ma non segue nell'una et nell'altra il medesimo effetto circa la velocità o distanza d'intervallo per lo quale si muovino.


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Le opere di Galileo Galilei
Volume X. Carteggio 1574-1610
di Galileo Galilei
Barbera Firenze
1964-1965 pagine 710

   





Ognisanti