Onde si può respondere a chi volesse opponere che Aristotile dice esser apparsa una cometa circa il circolo equinottiale, il quale pur in due parti eguali divide il spatio che è tra' tropici contenuto: chè può ben esser che ivi comparisse questa cometa, et che il sole e nella longhezza e nella declinatione fosse da quella molto più lontano che da questa non è; tanto più che l'istesso dice che durò paucis diebus, pochissimo. Questa, donque, conservandosi tanto tempo, et così vicina al sole, è impossibile che cometa sia, non potendosi, per mio sentimento, in loco così al sole vicino traher sino alla più alta regione dell'aria tanta copia d'esalatione secca, che generi una cometa et che continuamente la vadi conservando, prima che si risolva e svanisca.
Potrei, per settima raggione, addurne un'altra, la qual pur non voglio tacere: et è che Tolomeo, nel secondo del Quadripartito, non per altro vole che le comete siano di natura di Marte et Mercurio insieme, nella diversità et diformità de' moti l'uno, e l'altro nelli effetti, che producono, quali sono guerre, uccisioni, pesti, carestie, venti horribili et terremoti. Hora veggiamo che questa luce non è rossegiante, quale è Marte; non ha varietà de' moti, come Mercurio; et sin qui effetti in tutto contrarii all'altre comete ha causato, cioè una continua serenità tranquillissima d'aria, senza venti, et, quanto comporta la stagione, temperatissima, dalla quale non si può sperar se non effetti bonissimi. Si può dunque di qui verisimilmente concludere, questa non esser cometa.
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