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      Onde io dico prima, che sebene Aristotile disse ch 'l cielo č ingenerabile e incorottibile, nondimeno non dice, nč da lui si cava, che non si possi produrre nova stella; anzi che delle sue conchiusioni si deve dire, che sendo le stelle pių dense parti degli orbi suoi, questa altro non sii che una densata parte dell'orbe suo. Ma s'alcuno mi ricchiamasse, con dire: La materia del cielo č soda, e non flussile, nč da agente alcuno possi condensarsi, io son tenuto, per il mio potere, di ritrovar il vero.
      Dunque, primieramente, a chi considera l'opere di natura č manifesto che il corpo denso pių s'avicina all'opaco che non fa il flussile e liquido, come si puō vedere dalla natura terrestre, la quale, come densissima, č anco di tutti gl'elementi et elementali corpi opacissima, dalla quale quanto pių si scostiamo, trovamo elementi et meno densi et in tutto flussili. Dunque, sendo il cielo lontanissimo dalla terra, deve essere non opaco come quella, nč meno denso, come che non habbi per niente dell'opaco; anzi che, sendo sopra il foco, deve tanto pių superarlo con la raritā sua, A questa aggiongo la seconda raggione. Il cielo della luna ha questa natura (secondo la premessa d'Aristotile), che densandosi produce corpo opaco, come si vede nella luna istessa: se donque fosse di materia soda, inclinarebbe alla densitā, et cosė a poco a poco s'avicinarebbe alla natura dell'opaco; il che sendo gravemente fuggito da natura, qual intende illuminar le cose sublunari, non oscurarle, si deve per consequenza dire che non č quel cielo materia soda, ma flussile et propriamente eterea, ma senza comparatione molto pių degna del foco elementare: da questo caverano i Peripatetici una consimil natura degli altri cieli.


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Le opere di Galileo Galilei
Volume X. Carteggio 1574-1610
di Galileo Galilei
Barbera Firenze
1964-1965 pagine 710

   





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