Ma io quanto a me, che sono informato della nobiltà dell'animo et della generosa natura della nobiltà di cotesto regno, havendone praticati molti con i quali tengo tuttavia stretta amicitia, non potendo mai credere quello che apparisce, et dubitando più tosto del mal ricapito delle lettere dall'una et l'altra banda, sebene il Sig.r Galileo afferma essere state molte le sue o di detto suo servitore, non ho voluto che per ancora egli ne tratti con il Gran Duca, nè che pensi ad altro ricorso, ma havendo preso sopra di me questa cura, l'ho obligato ad aspettare che ci faccia prima io qualche diligenza; et egli volentieri se n'è contentato, perchè nè anche esso finisce di credere una stravaganza come questa, et massime ricordandosi dell'ottime honoratissime qualità ch'egli scorse nelle SS.rie VV. mentre hebbe occasione di conversar con loro. Et la prima diligenza ch'io ci voglia fare, la quale spero che habbia a essere così sola come è semplice, è questa dello scriverne, come faccio, a dirittura alle SS. rie VV., nel che anche pretendo di haver a fare acquisto dell'amicitia loro, così come offero io loro la mia; et promettendomi che con la loro presta risposta, o rimetteranno il denaro che non possono tenere con lor honore, non che con salvezza della loro coscienza, o che daranno ferma promessa di doverlo senza indugio rimettere, io non soggiugnerò altro, senonchè se con detta risposta et con detto denaro mi comanderanno alcuna cosa, farò forse loro conoscere che la già offerta mia amicitia non riuscirà loro disprezzabile.
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Gran Duca
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