Peculiariter autem anno 65 ab ardenti febre cavendum est, quae maxime posset obesse. Interim vero annus 44.s non inutilis est, sed altera ex parte casu et fortuna: timor etiam, quamvis inanis, de ferro et igne. Sed annus 35.s magnos habet assentatores, lusus etiam et voluptates, et si quos alios tentabit honores, quos quidem et omnes illi tribuat omnipotens Deus.
Fuori: Al molto Ill.re et Ecc.mo Sig.r mio Oss.moIl Sig.r Galileo Galilei, Dign.mo Matematico di
Padoa.
259.
GALILEO a [ANTONIO DE' MEDICI in Firenze?].
[Padova], 7 gennaio 1610.
Attenendoci ad una copia di mano del sec. XVII, della quale ci fu comunicata la fotografia dalla cortesia del P. FRANCESCO EHRLE, Prefetto della Biblioteca Apostolica Vaticana, riproduciamo questa lettera secondo una lezione notevolmente diversa da quella finora conosciuta, con la data ed un lungo squarcio (a partire dalla lin. 122 [Edizione Nazionale]) prima inediti, e con figure che possono dirsi esse pure per la prima volta date alla luce. Un'altra copia, di mano del sec. XVIII, è nei Mss. Gal., P. III, T. VII, 1, car. 58r.-61r.; e in capo ad essa si legge: "Del Sig.r Vincenzio Galilei. Copiata da me da una bozza originale manchevole in un foglio rect.e". È da credere, secondo ogni verosimiglianza (cfr. Vol. VIII, pag. 562, nota 2 [Edizione Nazionale]), che siffatta copia sia stata esemplata da altra di mano di VINCENZIO VIVIANI, il quale abbia alla sua volta trascritto dalla bozza originale, avuta per mezzo di VINCENZIO GALILEI, e che quelle parole siano state dall'amanuense del sec.
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