In somma non occorre a scrivere più oltre, solamente che ho fatto con costoro come già fece Ænea con Cerbero: gli ho dato l'offa da mordere, perchè di questo più non mi molestino; quale è un certo sermone De peste, materia certo per quelli molto a proposito. Non mi arossisco mandarne la copia a V. S. Ecc.ma, acciò che giudichi s'ho fatto bene, et liberamente ciò che gli ne pare. Et con ciò riverente li baccio le mani.
Di Verona, il dì 3 d'Aprile 1610.
Di V. S. molto Ill.re et Ecc.maAffett.mo Servitor
Ottavio Brenzoni.
Fuori: Al molto Ill.re et Ecc.mo Sig.r mio Oss.moIl Sig.r Galileo Galilei, Digniss.o Matematico di
Padoa.
Con un libro De peste.
287*.
BENEDETTO CASTELLI a GALILEO in Padova.
Brescia, 3 aprile 1610.
Bibl. Naz. Fir. Mss. Gal., P. VI, T. VII, car. 116. - Autografa.
Ill.re et Eccell.mo Sig.r mio,
Quanto mi sia stato caro l'Aviso Astronomico mandatomi da V. S., lo giudichi prima dal desiderio grande che havevo di veder opere e parti del suo ingegno, quale più volte ho significato a V. S.; lo giudichi, secondo, da quello che meglio di me conosce, dall'eccellenza, dico, dell'opera stessa, quale, havendo di già letta e riletta più di dieci volte con somma meraviglia e dolzezza grande d'animo, e benissimo intesa la dottrina profonda, gli alti pensieri, dotte speculationi, e, quello che in ogni cosa sua ho sempre notato, la consonanza et unione meravigliosa del tutto, havendola, dico, letta prima che mi capitasse la sua, era preparatissimo a ricever il dono con quella stima che merita: e così l'ho riceuto e conservarò carissimo, ringratiandola che mi habbia fatto degno d'un tal dono e tesoro.
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