(830) Cfr. Carteggio inedito di Ticone Brahe, Giovanni Keplero, ecc. con Giovanni Antonio Magini ecc. pubblicato ed illustrato da ANTONIO FAVARO. Bologna, Zanichelli, 1886, pag. 353-356.
(831) Si legge, di mano di GALILEO, nei Mss. Galileiani, Par. I, T. III, car. 103r.-104r.:
DEL S. MICHELAGNOLO BUONARRUOTI.
Quando 'l custode de gli aurati pomiCadde dal formidabil braccio estinto,
Mirando Giove dal figliuol Tirinto
Gli orribil colli insanguinati e domi;
Questa, fra cento e cento ardite imprese,
Sovr'ogn'altra innalzando il maggior Dio,
Per farle schermo dal mortale obblio,
Il ciel della sua imago illustre rese.
Ivi Alcide il gran pondo ancora scuoteE par che fiamme di valore spiri,
E tra' fulgor degli stellati giriL'ammira Arturo e n'ha stupor Boote.
Tanto val di virtù terrena luce,
Che non disdegna 'l ciel farsene adorno;
Quindi veggiam che l'eternal soggiornoDello splender di tanti eroi riluce.
Chi dell'eroico onor l'anima inpiumaPer lo sentier d'opre sovrane e rare,
Stella poi 'n ciel tra l'altre stelle appare,
E di sua gloria l'universo alluma.
Tal Ferdinando, chiusi gl'occhi al mondo,
Dal cui sguardo pendea d'Etruria il freno,
Lassù gl'aperse; e assise a Giove in seno,
Il sesto cerchio più rendeo giocondo:
E nell'abisso dell'eterna menteDe' quattro figli la virtù fatale
Scorgendo al fin dover farsi immortale,
Seggio loro apprestò divo e lucente.
Le quattro a noi non più vedute stelle,
Che 'l linceo sguardo sol dell'alto ingegnoTuo, Galileo, ci scuopre, albergo degno
Saranno in ciel delle quattro alme belle.
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