Horsù, per gratia di Dio, et co 'l mezzo di V. S., sì come si comprende dalle sue lettere scritte dupplicatamente a Mons.r Arciprete(187) et da quella indirizzata a mio fratello, et anco dall'ultima scritta a me, la lettura vacata sarà di mio fratello. Sig.r Galilei, non posso esprimere il contento del mio cuore: ben si può pensare che essendo mio fratello da un naufragio, nel quale perdè ogni cosa fuor che la vita, uscito nudo et ridotto in una solitudine, habbia poi ritrovato un porto, una patria, un ricovero, utile, honore, un vero amico, un principe così grande, et ogni bene.
Mio fratello ha posto il suo cuore in pace, et comincia a pensare a' suoi studii, non mai però intermessi, havendo del continuo letto due et tre lettioni in casa. Adesso non ha altro nell'animo che di riuscire sopra l'ordinario nello Studio di Pisa, et di far conoscere sè stesso non indegno servitore di cotesta Altezza, et insieme V. S. per fedele et leale al suo principe, al quale ha date di lui così nobili et cortesi informationi. Egli sarà suo servitore, dipenderà dal suo volere, et in somma non haverà altra mira che di compiacere et di celebrare con ogni suo potere il S.r Galilei, come suo vero benefattore.
Poichè non piace a coteste Ser.me Altezze di publicare l'elettione, è assai a mio fratello per adesso l'esser sicuro del luogo, per poter viver con l'animo quieto; se bene nè meno havrebbe potuto egli venire al presente, per diversi rispetti, ma specialmente per non venire alla stanza di Pisa verso 'l caldo, essendo, per quanto ci vien detto, l'aria di quella città molto diversa da questi paesi.
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