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      Sento com molto gusto la conversazione che ella à di cotesti gentilomini virtuosi, et imparticolare del Sig.r Filippo Salviati, al quale mi favorischa baciar le mani. Mi piace grandemente; et se ella è poi travagliata da gente arrabbiata(525), peggio saria se non se ne parlasse: però viva contenta, perchè questi sono principii, un poco duri a chi è incallito a credere solo quello che passa per la comune in giu[di]cat[o], et se ne ridono, nè vogliono le cose nuove nè vederle nè credere, cor una massima, che quello che non à saputo nè detto Aristoti[le] et Tolomeo(526) et altri grandi omini, non può stare; come il Sig.r Luca(527) fieramente alla mia presenza, et una altra volta fuori di me, so che in difesa di V. S. si portò con certi satrapi nob[il]mente(528).
      Ebbi dal segretario del Cardinal dal Monte la nota della domanda del Ill.mo Bellarmino fatta ai Giesuiti,(529) nella quale restai molto maravigliato del giudizio del Padre Clavio intorno alla luna, ch'ei dubiti della sua inegualità, parendoli più probabile ch'ella non sia densa uniformemente. Ora io ci ò pensato et ripensato, nè ci trovo altro ripiegho in sua difesa, se non che un matematico, sia grande quanto si vole, trovandosi senza disegnio, sia non solo un mezzo matematico, ma anche uno huomo senza ochi. Imperò, Sig.r Galileo, la verità à per suo propio, quanto più si rimesta, più presto si squopre: sì che rallegratevi delle perseguzioni; basta che abbiate l'ochio che non vi impedischino il corso dei vostri studi, il che vi si[a] sopra tutte le cose a quore, poi che la vita è breve.


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Le opere di Galileo Galilei
Volume XI. Carteggio 1611-1613
di Galileo Galilei
Barbera Firenze
1964-1965 pagine 834

   





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