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      Chi non sa che giudice di questo doverà esser la rota di un infinito numero de millioni di sciochi, i voti de' quali sono stimati secondo il numero, e non a peso?
      Non voglio più difondermi nel suo interesse, perchè già da prencipio mi obligai stare al suo giudicio et volere. Gli altri amici di V. S. Ecc.ma parlano molto diversamente; anzi uno, che già era de' suoi più cari(538), mi ha protestato di rinonciare alla mia amicitia, quando io havessi voluto continuare in quella di V. S.: la quale, sicome non può ricuperare il perduto, così mi persuado che sapia conservare l'aquistato(539). Ma quell'essere in luogo dove l'auttorità degli amici del Berlinzone(540), come si ragiona, val molto, molto ancora mi travaglia.
      Se questo auttunno ella si lascierà vedere, sentirò grandissima(541) consolatione. Di Levante non ho portato nissuna cosa curiosa: solo ho un tavoliere et uno scrittorio lavorati in India, di fattura maravigliosa. Quattrini di là non si sono portati, anzi saranno certamente restati ben tremille ducati de' miei; tutta via me ne contento, essendo sano alla patria, haver veduto qualche cosa di questo mondo. In India ho tenuta stretta corrispondenza con li fratelli de M. Roco(542), et ho un altro picciolo registro da aggiongere a quello di Mad.a Anzola Colomba(543).
      Vedo essere troppo lungo e tedioso: la settimana ventura sequirò il resto, et darò risposta alle sue gentilissime lettere, hor hora riceute. Et cordialmente me le raccomando.
     
      In V.a, a 13 Ag.o 1611.
      Di V. S. Ecc.ma


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Le opere di Galileo Galilei
Volume XI. Carteggio 1611-1613
di Galileo Galilei
Barbera Firenze
1964-1965 pagine 834

   





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