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      Ma fermiamo con maggior saldezza i fondamenti della verità della nostra asserzione, e diciamo: Ogni corpo luminoso, mentre è veduto da vicino, ci si mostra sotto la sua vera et real figura; ma da lontano pare che s'inghirlandi di alcuni raggi ascitizii, tra i quali i termini della sua figura si perdono, et pare che la sua mole si accresca. Esperienza sensata di tale accidente ci porgono tutti i lumi, et le stelle medesime: perchè quelli, le cui fiammelle da presso si veggono profilate in guisa di lucide linguette, da lontano ci appariscono assai maggiori e raggianti, et la lor figura tra sì grande irradiazione del tutto si smarrisce; e queste, che nel tramontar del sole o poco doppo piccolissime si veggono, nel crescere delle tenebre si accrescono esse ancora in grandezza et di raggi s'incapellano, ascondendo tra quelli i termini delle lor forme: le quali forme quanto mirabilmente si alterino, veggasi nella stella di Venere, la quale, vicino al suo occaso vespertino e l'orto matutino, si mostra, come l'altre stelle, rotonda e radiante, benchè la sua real figura sia di una sottilissima falce, simile alla [vedi figura luna3.gif] quando non eccede l'età di due giorni. Tale irradiatione o capellatura si fa maggiore o minore, secondo che la luce è più gagliarda o meno: onde Mercurio, per esser vicinissimo al sole illuminator di tutti i pianeti, riceve il suo lume tanto vivo e così fieramente s'incorona di raggi, che nè anco col telescopio si può spogliare di così splendida capellatura; l'istesso quasi accade a Marte; ma Giove, e più Saturno, ricevendo il lume, per la molta lontananza, assai più languido e fiacco, s'inghirlandano sì, ma non come Marte e Mercurio, et con l'occhiale assai distintamente si scorgono le lor figure, tosandogli et removendogli la loro capellatura.


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Le opere di Galileo Galilei
Volume XI. Carteggio 1611-1613
di Galileo Galilei
Barbera Firenze
1964-1965 pagine 834

   





Venere Mercurio Marte Giove Saturno Marte Mercurio