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      Io voglio finire di tediar la R. V., ma non senza pregarla di nuovo, che ella voglia essermi intercessore appresso l'autor del Problema, acciò che S. R. mi favorisca che io possa vedere gli altri suoi argomenti contro di me, li quali scrive essere et in numero et in peso grandissimi: la qual cosa io mi prometto di esser per ottenere tanto più facilmente, quanto il zelo et la carità christiana commandano che i primi ammoniti siano i peccatori, li quali se poi, sprezzando le correzzioni, perseverano ne i loro errori, allora si devono scoprire e pubblicare per delinquenti. Nè di poco momento mi doverà essere, per conseguire questa mia domanda, il chiedere io spontaneamente, anzi supplichevolmente pregare, di esser gratificato di tali avvertimenti; li quali se mi fossero negati, haverei occasione di dubitare che il Padre, nel raccorgli e palesargli havesse havuto più la mira alla mia vergogna che alla mia emenda. Per tal rispetto dunque, et per quella generale e perfetta intentione di vero filosofo, che è di venire in cognitione delle verità recondite, mi giova di sperare il compimento di questo mio desiderio, il quale avidamente resto attendendo.
      Quanto all'altra lettera scritta alla R. V. da Perugia sotto li 4 di Giugno(595), io non posso dir altro se non che, spinto da una lettera scritta di Perugia a Roma al molt'Illustre et Rever. Monsig. Dini, nella quale si contenevano, tra le altre, queste parole: Qua è un gran romore contro al S. Galilei, et a due de' principali, a i quali ho parlato, nè meno Tolomeo li convertirebbe, se bene si convertisse prima lui etc.


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Le opere di Galileo Galilei
Volume XI. Carteggio 1611-1613
di Galileo Galilei
Barbera Firenze
1964-1965 pagine 834

   





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