Sono più mesi che l'Ill.mo et Ecc.mo Sig.r Marchese Cesi, nostro commun Prencipe, mi scrisse haver arricchita la nostra Accademia d'un sì degno soggetto(726) come è quello di V. S. Ecc.ma, il che m'obligava a rallegrarmene seco et ad offerirmele in ogni suo servizio; ma perchè, essendo chiamato a Roma da detto Signore, sperava di ciò fare con la presenza, per questo restai, et son restato ancora, d'effettuarlo con lettere per la mia assenza di Fabriano et per altre mie occupationi: dalle quali disciolto, me ne venni qui subbito in Acquasparta, dove detto Sig.r Marchese ancora si ritrova. Dal detto intesi apieno tutti i suoi studii circa l'osservationi celesti, con mio non poco contento, se bene amareggiato dal dispiacere di non haver potuto, in quel tempo che lei fu in Roma, participare ancor io d'un sì gustoso e curioso studio. Godo non dimeno estremamente che V. S. vada tuttavia nuovi lumi discoprendo et osservando, per vederla incaminata per la via dell'immortalità, con suo eterno nome e fama. Et per mostrarle io in parte questo mio contento, et il gran desiderio che ho di lodarla et honorarla (se pur non scema l'honore e la gloria lode di rozi detti, ove è merito tanto), feci l'accluse compositioni(727), quali, come elle siano, la prego a gradirle, a scusar la Musa, et appagarsi di quanto le viene da chi più non le può dare.
Mi resta hora a dirle, che subbito ch'io intesi il grido del suo valore(728), all'hora me le dedicai per servo, oltre modo affettionandomele, con non picciolo desiderio di conoscerla e far di presenza quel che hora mi convien fare con lettere; onde con questa di nuovo per tale me le ratifico, e me le offerisco prontissimo per servirla in ogni sua occorrenza, come doppiamente devo, e come Linceo e come al suo molto valore e merito obligato.
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