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      Pure del tutto me rimetto a V. S., che muti, gietti a sua voglia.
      La lettera è mal corretta, perchè chi ha scritto non intende, nè si trova di questi scrittori chi intenda, nè ci è rimedio, tanto più quanto l'opera è longa: però vorrei che V. S. la rivedesse ancora quanto alla ortografia. Vi troverà ancora molte rimesse et molti versi mutati quanto alle parole prime o poi: ci sono e' segni et i numeri, et V. S. è intelligente. Mi perdoni della fatica.
      Il poema è compito, se non che ci manca la rassegna del soccorso di Scandarebech, la quale ho lasciata per potervi poner dentro de' miei amici et padroni, come V. S. vedrà in molti nomi, e' quali io havea posto a caso, et poi hogli mutati in nome de gli amici miei. A me la rassegna sarà una fatica d'8 o vero 10 dì.
      Dessiderarei ancora che V. S. me favorisse de devidere questo poema, col suo giudicio, in più canti, perciò che questi me paiono troppo longhi. Le dirò ancora che io mi sono forzata di far questo poema secondo le regole di Aristotile, di Falereo, di Hermogene, di Lungino(751) et di Eustatio, i quali convengano tutti in uno; et però mi sono forzata col verso d'immitare le cose, et così nelle cose di guerra ho cercato inalzarlo, et nelle cose d'amore addolcirlo, et insomma non mi è parso di tenerlo eguale, se non in quanto che sempre sentisse della tromba. Se io haverò conseguito questo mio pensiero, V. S. ne sarà giudice. Et per fine le conchiudo che io sempre sono stata affittionata a cotesta città di Firenze, come a genetrice de tutti i begli ingegni; ma hora che V. S. mi fa questa gratia di rivedere il mio poema, le sarò non solo affittionata, ma obligata, come patria di V. S., dalla quale ricevo tanta gratia et tanta cortesia, che solo in lei ho potuto trovare.


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Le opere di Galileo Galilei
Volume XI. Carteggio 1611-1613
di Galileo Galilei
Barbera Firenze
1964-1965 pagine 834

   





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