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      Versa hora la mia speculatione, anzi dirò meglio il mio desiderio di speculare, sopra il modo col quale si faccia la vista, et come gli occhiali, così ordinarii, come questi della nuova inventione, siano di aiuto per acrescer et migliorarla. Et perchè (come V. S. Ecc.ma sa) io sono mathematico di nome et niente di essenza e verità, perciò non havendo veduto nè Vitelione nè altri auttori che trattano della prospetiva, io non ho in testa altra dottrina che quella che mi ha dettato il proprio discorso, della quale nondimeno io resto molto [pa]go, sì come all'incontro il S.r Mulla(873) et Maestro Paolo tengono per falsa l'opinione mia: alla quale havendo io preso qualche affettione, ma però non volendo mettermi hora a studiare nè Vitelione nè altri, prego perciò V. S. scrivermi brevissimamente et senza dimostrationi la opinione degli auttori circa la vista; et se non vuole affaticarsi tanto di scriverle tutte in una volta, si compiacia al meno ogni posta dicchiarirmene con dieci sole sue righe una al meno. Et perchè io stimo più lei et il suo giuditio che quello delli scrittori, in particolare la prego con le prime scrivermi sommariamente la sua.
      Ho inteso con molto contento che V. S. habbia trovato luoco di buono aere per la sua complessione, et in particolare che ricevi questo commodo dalla cortesia del S.or Salviati, godendo in un istesso tempo della felicità dell'aere et della soavissima conversatione di un tanto Signore, amato et stimato da me per molte relationi del merito suo venutemi da più parti, ma certamente per lo infalibile testimonio di V. S., la quale, sì come, guidata dalla verità, m'ha fatto cenno delle sue nobilissime conditioni, così devo io ringratiarla che, per ecesso di benevolenza et per favore particulare, habbia, con offitiosa bugia, procurato di metermi in gratia di quel Signore; il quale acciò in alcun tempo non habia a scemare quella credenza ch'egli ha alle parole di lei, scoprendomi nudo di quele buone qualità ch'ella mi ha atribuito, deve V. S. procurarmi alcuna occasione di servirlo, sì che restando pago della prontezza mia et vedendomi inclinatissimo a servire chi merita, più facilmente condoni a lei et a me li miei mancamenti.


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Le opere di Galileo Galilei
Volume XI. Carteggio 1611-1613
di Galileo Galilei
Barbera Firenze
1964-1965 pagine 834

   





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