Qui, con una cortesissima escandescenza, si rispose che la voce di ordinario scolare non si sarebbe stimata da lui, ma di un soggetto eminentissimo, che può honorar le cattedre, che Principi e Cardinali grandi stiman tanto e reputano delitie singulari la sua conversatione, etc. Non è questa amplification gratiosa. Entrammo poi in cocchio col S.r Cardinale, nè si trattò altro. La sera poi, raccomandandomi con un affetto tutto amoroso, ma dentro al quale scintillava di volta in volta qualche favilluzza di sdegno, la reputazione e la fama sua, alla quale la mia voce poteva aggiugnere e detrarre, dopo molti circuiti mi lasciò con amantium irae, amoris redintegratio; e finì l'atto 2°. Io però sempre parlai con flemma quietissima, senza parlar riscaldato nè pure una parola, ma in guisa di discorso, come se havessi ragionato per terza persona incognita. L'altra mattina finì questa commedietta per atto 3° in un banchetto, dove l'invitò il Sig.r Cardinale, senza entrar però in questi particolari. Poi doppo alla dipartenza, ricordandogli che io lo stimavo, come è veramente, per gran Peripatetico etc., entrò ad amplificarmi le laudi del S.r Galileo, non solo in matematica ma in filosofia, e che e' gli haveva tant'obblighi. E così faccemmo dipartenza da innamorati. Ma in somma, disse il Satiro a Corisca, io non ti credo; cioè, quando l'occasione portassi un riscaldamento simile, che in mia assenza non si rinnovasse l'atto primo.
821**.
GIOVANNI CIAMPOLI a ........
[Bologna, 1612].
Bibl. Naz.
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