Naz. Fir., Mss. Gal., P. VI, T. VI, car. 24-26, ne è una copia, di mano del sec. XLX.
Come per l'altra mia scrissi a V. E., mentre venni, giorni fa, alle Selve assai maltrattato da i miei dolori di gambe et da una febre cagionatami dall'aere di Firenze, molto contraria in questa stagione alla complessione mia, qui ho cominciato a rihavermi, e son tornato a i calcoli, i quali farò per li 2 mesi Marzo e Aprile(1223), già che la spedition della stampa va più lenta che ne credevamo.
Con l'altra mia mandai a V. E. la mutatione di quelle due parole che davano fastidio al revisore; ed hora gli dirò quanto mi occorre circa le prudenti notationi del Signor Luca.
Quanto alla prima, sopra 'l luogo della faccia 9 nel principio(1224), pareva al Signor Salviati, et anco a me, che non si trattando quella materia teologica ex professo, si potesse oratoriamente dire che Dio per Sua benignità, potendoci fare un verme o niente, ci haveva fatti huomini, onde noi dovevamo ringratiarlo etc.; et io so d'haverlo più volte sentito dire sopra i pulpiti da predicatori stimati assai: tuttavia per fuggire ogni scrupolo, quando loro determinano che si rimuova, si potrà levar quel concetto, e dire: Hor, qualunque, si sia il corso della vita nostra, doviamo riceverlo per sommo dono dalla mano di Dio, et anco dell'afflittioni render gratie alla Sua bontà, la quale con tali mezzi etc.
Quanto alla difficultà dell'esperimento a facc. 22 nel fine(1225), rispondo, che tocca prima all'avversario il provare che i raggi procedenti dalle parti di mezzo del disco solare sien più gagliardi; di poi l'esperienza che si potrebbe domandar da me non è per avventura impossibile, nè anco molto difficile, perchè riguardando noi 'l sole nascente o occidente, non lo scorgeremo punto più lucido nel mezzo che nell'estremi, o vero facendo passar la sua specie per lo telescopio sopra la carta, si vede il cerchio tutto equalmente lucido.
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