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      Molto Ill.re S.re e mio P.ron Oss.mo
     
      Mando a V. S. la lettera del Sig.r Francesco Sizii(1409), acciò insieme con codesti Signori possino da questo nuovo accidente confermarsi nella credenza che la verità è una, e tutti quelli che sono atti nati a poter adeguar l'intelletto loro con quella, conviene che, tardi o per tempo, si riduchino sotto le vittoriose insegne di quelli che filosofano contemplando il bello et ampio libro della natura, e non si legano alle sofisticherie di quelli che hanno volsuto non solo incarcerare questa infelice scienza, ma ristringerla ancora negl'indegnissimi ceppi dell'opinioni Aristoteliche e nelle noiose manette de' capricci de gl'altri filosofastri, che iurant in verba insani magistri. E prometto a V. S., che io ho sentito tanto gusto che il Sig.r Sitii sia uscito dall'ostinato pecoreccio nel quale l'aveva tratto l'insano vulgo, che mi pare averlo veduto rinascere(1410), e di perso che era, averlo ritrovato. Ma invero non poteva il suo bell'ingegno star sì lungo tempo immerso nel caliginoso pelago di tanti errori. Rallegramoci dunque, quia ovis quae perierat inventa est.
      Non m'è meraviglia, che il Sig.r Principe Cesi, habbia riconosciuto nel valore di V. S. il molto che ella merita, essendo da me ottimamente conosciuto e l'uno e l'altro: mi rallegro con tutto ciò che altri, da molto più che non sono io, concorrino con il parer mio intorno alla persona di V. S. Alla quale restando servitore, al solito di cuore li bacio le mani e le prego dal Signor ogni bramata contentezza.


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Le opere di Galileo Galilei
Volume XI. Carteggio 1611-1613
di Galileo Galilei
Barbera Firenze
1964-1965 pagine 834

   





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