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      Mi sarebbe stato caro che V. S. havesse dato così minuto raguaglio delle piazzette chiare che sono nel sole, come delle macchie: il che spererò che V. S. debba fare.
      Non posso negare di non haver un poco di difficoltà a conceder quel che V. S. dice, a f. 51(28), del moto del sole: perchè, tutto che si concedesse che la nave mossa, a cui si togliessero gli impedimenti estrinseci, si havesse a muover sempre, non ne séguita, s'io non m'inganno, che il sole si habbia sempre a muover, poichè non par neccessario conceder che l'ambiente non gli debba dare qualche piccolo impedimento; nè basta, per mio aviso, dir che anche egli se ne muova, poichè l'aria, che è intorno ad una ruota che gira, si muove anch'essa per lo moto di lei, nè perciò credo che V. S. stimi che non le dia qualche puoco trattenimento.
      Vedo che V. S. tiene che le stelle sieno opache e ruvide: nel che mi piace fuor di modo l'esperienza con che, a f. 135(29), si mostra che la terra, tutto che opaca, maggiormente risplende per la refflessione de i raggi solari che non fa la fiamma; se ben io, quanto a me, ho sempre giudicato che si pruovi più tosto la ruvidità che la opacità nelle stelle: perchè, se fussero polite e perfettamente(30) rotonde, farebbon quello che fa la palla di christallo, di cui si vede poca parte illuminata, la qual nelle stelle, per la lontananza, non si potrebbe vedere; dove che una palla di pietra, che sia ruvida, posta al lume, si vede illuminata per la mettà. Però è da nottare che la palla del christallo, tutto che di matteria diafana, se haverà la superficie ruvida, tanto se ne vedrà la mettà illuminata quanto di quella di pietra; onde l'istesso seguirebbe se le stelle fussero di matteria diafana, purchè la superficie loro sia ruvida.


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Le opere di Galileo Galilei
Volume XII. Carteggio 1614-1619
di Galileo Galilei
Barbera Firenze
1964-1965 pagine 687