Pagina (179/687)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      Continui perciò V. S. Ecc.ma la lettura del Berni et di Ruzante, et lasci per hora da una parte Aristotile et Archimede; speculi in letto, dove la mente participi della commodità del corpo; contempli cose di gusto, et attendi alla sanità, non con medicine, non con dieta, ma con la quiete et con una prudente sobrietà; fugga quei cibi che per esperienza ha conosciuto apportarle nocumento, et scielga i più giovevoli et gustosi al suo senso, serbando in ogni pasto un poco di apetito per maggior gusto del sussequente: nè dubiti con questa regola di non superare ogni indispositione, poichè, per gratia di Dio, le mancano molti anni alla vecchiaia.
      Io, per divina clemenza, col mezo di questa medesima osservatione sto bene, più sano et più gagliardo assai che non ero già due anni; et nel resto, quanto all'animo, vivo allegramente, lontano in tutto da ogni travaglio: niuno accidente mi par nuovo o inaspetato; sono tutti i miei desiderii limitatissimi et moderatissimi; ricevo allegramente ogni bene che mi succede, et, per renderlo gustoso maggiormente, reputo che non mi si convenisse o non fosse cosa mia, onde non come rendita ordinaria et dovuta, ma come donativo, anzi impresto, della fortuna, lo ricevo con tanta maggior letitia, et per la stessa ragione facilmente mi accomodo a disposessarmene, se il caso lo ricercasse. Havrei ancor io, quando non mi valessi della vera filosofia, buona occasione di cruciarmi per l'ambitione, quinto elemento(340) della nostra nobiltà; non già perchè comparando gli honori, i titoli et la riputatione mia con l'universale di quelli della mia età non fossi de gli avantaggiati et primi tra questi, ma per cagione più tosto che, essendo piovute le gratie de gli honori nella nostra casa tanto piene et estraordinarie, non havendo io di queste participato così largamente come hanno fatto l'avo, il padre et tutti miei fratelli, potrebbe parere, anzi so certo che pare a molti, che qualche mio diffetto ne sia stato cagione: ma tenendo io piena cognitione della radice di questa differenza, nè mi dolgo, nè per questo scemo punto i miei contenti, poichè sicome reputerei scioca ingratitudine il dolermi delle fortune della mia casa, così reputo pazzo chi pone la sua felicità nel concetto sregolato et scioco del volgo; et tratanto, libero da infinite gravezze et fastidiose occupationi che seco portano gli honori della nostra patria, godo la libertà, et dispenso il mio tempo conforme al gusto et bisogno mio; et se non participo di certa estraordinaria veneratione, poco anzi nulla conforme al genio mio, vivo essente dalla invidia et dalle detrationi.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Le opere di Galileo Galilei
Volume XII. Carteggio 1614-1619
di Galileo Galilei
Barbera Firenze
1964-1965 pagine 687

   





S. Ecc Berni Ruzante Aristotile Archimede Dio