E a V. S. per fine bacio le mani e prego ogni contento.
Di Roma, li 25 di Aprile 1615.
Di V. S. molto Ill.eS.r Galileo.
Ser. Aff.moP. Dini.
Fuori: Al molto Ill.e S.r mio Oss.mo[Il] S.r Galileo Galilei.
Firenze.
1115.
PIERO DINI a GALILEO in Firenze.
Roma, 2 maggio 1615.
Bibl. Naz. Fir. Mss. Gal., P. I, T. VII, car. 225. - Autografafa.
Molt'Ill.e S.r mio Oss.mo
Fu da me, son due giorni, il S.r Principe Cesi, e lungamente discorremmo quasi sempre di V. S., e ci distribuimmo alcune cose da farsi qua; e nel ragionare parve al S.r Principe che io non presentassi quella lettera a quel personaggio(391), poichè essendo esso, e altri molti d'autorità, pretti Peripatetici, si dubita di non gli irritare in un punto già guadagnato, cioè che si possa scrivere come matematico e per ragion d'ipotesi, come voglion che habbia fatto il Copernico: il che se bene non si concede da' suoi seguaci, basta a gli altri che l'effetto medesimo ne risulta, cioè del lasciare scrivere liberamente, purchè non s'entri, come s'è altre volte detto, in sagrestia. Hora, se bene s'è detto di far così, si eseguirà non dimeno l'ordine che ella ne darà. In tanto posso dirgli questo, che io non so ch'e' ci sia novità alcuna, se non quella che potesse partorire un continuo sfatamento, per così chiamarlo, di questi Aristotelici, i quali ragionando dell'altra setta dicono: "Questi mettono il sole nell'inferno, noi nel 3° cielo", et similia: le quali tutte cose (se bene non si dicono in quella guisa che essi le profferiscono) posson nondimeno dar gran fastidio alla causa; ma se non cagioneranno se non lunghezza, sarà poco male.
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