Io scrissi p[iù] giorni sono(504) a V. S. Ill.ma dell'abboccamento che fece meco il P. Caccini, con simulato pentimento e scuse delle offese fattemi costì, e con volermi(505) assicurare di non haver mosso qua lui; e come allora ne' suoi ragiona[men]ti io mi accorsi non meno della sua grande ignoranza che di una mente piena di veleno e priva di carità, così i successi dopo di lui e di alcuni altri suoi aderenti mi vanno facendo conoscere quanto sia pericoloso l'havere a trattar con simil gente, e sicuro l'havergli lontani: e ciò sia detto senza progiudizio de' buoni, de i quali tengo certo che molti ne sieno in quella religione e nell'altre.
Sono in Roma, dove, sì come l'aria sta in continue alterazioni, così il negoziare è sempre fluttuante: però ringrazio Dio che in uno stato di poca sanità mi concede forze di resistere a continue fatiche e non piccole. A i particolari non vengo, perchè il poco tempo non mi basterebbe a lunghe scritture; ma mi riserbo a bocca. Intanto prima rendo grazie al S. G. D. del favore tanto benignamente concedutomi, del quale so quanto ne devo restare obbligato anco a V. S. Ill.ma; e come confesso l'obbligo essere infinito, così starò con desiderio aspettando di pagarne parte con l'esequir prontamente ogni suo comandamento. Rendogli anco grazie della descrizione delle feste mandatami(506), la quale mi ha recato un'hora di grandissimo gusto e trattenimento. E per fine baciandogli reverentemente le mani, gli prego da Dio somma felicità.
In questo punto ho ricevuta l'ultima sua, insieme col plico inviatemi da Venezia(507), e gliene rendo grazie.
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S. Ill Caccini Roma Dio S. Ill Dio Venezia
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