Et con questo saluto V. S. di cuore, et le bacio la mano.
Di Livorno, a' 20 Marzo 1615 ab Inc.neDi V. S. Ill.re
S.r Galileo.
Aff.mo SerV.reCurzio Picchena.
Fuori: All'Ill.re Sig.r mio Osser.moIl Sig.r Galileo Galilei.
Roma.
1192.
GALILEO a [CURZIO PICCHENA in Livorno (?)].
Roma, 26 marzo 1616.
Bibl. Naz. Fir. Mss. Gal., P. I, T. IV, car. 67. - Autografa.
Ill.mo Sig.re e Pad.ne Col.mo
Il ridurmi horamai in stato di quiete, al quale la benignità di loro AA. Ser.me per mezo di V. S. Ill.ma mi esorta, è da me sommamente desiderato, e certo ne è tempo. Io, come lo desidero, così lo spero, poi che consiste nella prudenza et humanità delle medesime AA. Ser.me; le quali, aggiugnendo alla loro propria e naturale circospezzione quello che l'esperienza nel mio caso particolare gli può haver dimostrato, ben possono haver toccato con mano a che segno si distenda la malignità di qualcuno, mentre, accecato da strane passioni, si applica alla persecuzione del prossimo: e molto più se ne accerteranno, quando sentiranno da me altri particolari che non è bene che io metta in carta. Lo sperare altronde la desiderata quiete sarebbe del tutto vano, sì per esser la invidia immortale, sì per haver trovato i miei nimici modo di travagliarmi impune, col mascherar sè stessi di simulata religione per fare apparir me spogliato della vera: ma ringrazio Dio che quanto ho detto l'ho prodotto sempre con scritture, delle quali restano copie appresso di me, molto più atte a manifesta[re], a chi le vedrà, la mia religione e, ardirò di dire, santità nel negozio tr[at]tato, che le maligne calunnie a persuadere il contrario.
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