Poi il mio Arno, cioè quel belissimo bracco che V. S. Ecc.ma mi mandò già quindici mesi, il quale era il mio perpetuo buffone, il più festoso, il più piacevole di quanti cani io vedessi giamai, in un punto s'è scoperto rabbioso: ha morduto prima un gentil'huomo forastiero, poi immediatamente due servitori, poi la cagnola di casa, una marmota, una fuina, et finalmente un mio lupo cerviero, col quale soleva fare una perpetua caccia nelle mie camere, dove stava slegato, et veniva a farmi compagnia al fuoco più domesticamente di qualonque gatto habbia veduto. Gli huomeni morduti parte son guariti, parte ancora ne portano il segno. La fuina, la cagna, stan bene; la marmotta è morta, anco per altro ridicoloso accidente, et il lupo s'è convenuto incatenare per buon rispetto. Il cane, incatenato, ancorchè piccolo, ha rotte tre catene; finalmente, chiuso sciolto in una camera, doppo haver malamente corrosa la porta, è morto anch'esso. Ma per colmo de' miei guai, mentre sperava consolarmi con la riuscita de' miei cristalli che s'andavano preparando a Murano, han quegli sciagurati Muranesi mandato ogni cosa in rovina. Han rotto il padelotto delli ritagli di cristallo, et han cavato solo dodici lastre, così torte e sottili che non si possono lustrare. Ma quello che mi preme oltre misura, è che han disipato un gran vaso di cristallo di monte avanti fosse cotto, cavandone, senza mia licenza(946) o saputa, quattro soli specchi grandi, havendo tutto il resto fatto andar in rotture; et pur mi costava più di cinquanta scudi, et era materia bastante per fare dieci specchi di braccio, che se havessero corrispose alle mostre che si son cavate da principio, si faceva giuditio che potessero valere cento cechini l'uno, perchè di colore et di politezza mostravano dover quasi pareggiare il vero cristale di rocca.
| |
Arno S. Ecc Murano Muranesi
|