Non ho però fin ora potuto cavare il parere de' compagni: sento ben da tutti con vero eccesso di lodi celebrarla, ma niuno ardisce notarvi o nel costume o nelle scienze particella alcuna. Spero però che 'l S.r Principe nostro sia in breve per mandarmi in iscritto alcuni piccioli avvertimenti da lui considerati, i quali io unirò con alcune minute circuspezzioni fatte da me e dal S.r Giovanni Ciampoli, et invierò poi a V. S. ad effetto d'essaminarle: e se pure le parranno frivole e leggiere, ne scriverà con quella libertà ed autorità che ella ha che n'achettiamo; se per lo contrario vi sarà in esse qualche avvertenza buona, la riconoscerà V. S. per effetto del commandamento fattoci, et ordinerà che nel libro s'accetti o rifiuti, come più le gusterà. Fatta questa ultima diligenza (ch'in breve le si invierà), io son risoluto, per non essere publico reo appresso la filosofia et col genere humano e colla posterità, di dare alle stampe questo ingegnosissimo trattato, pieno di sì leggiadre speculazioni e non più udite; e poichè V. S. rimette al nostro arbitrio questa determinazzione, le dico che sicuramente vogliamo publicar l'opera, e che vogliamo ciò fare in Roma, non ostante la potenza degli aversarii, contro quali ci armaremo dello scudo della verità, ed anco de' favori de' padroni. Non vi ha dubbio ch'avremo contradizzioni; ma ho speranza sicura che le supereremo.
Di già la nuova di questa apologia è arrivata al Sarsi et al Collegio Romano, essendo stati avvisati da Padri di costì ch'ella era venuta a Roma; et oltre ciò havendola io ad alcuni qui letta, hanno penetrato il tutto.
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