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      Nè altro occorrendomi, le bacio le mani a nome del S.r Principe, quale ha havuto disgusto della sua infirmità et che nel suo libro non vi sia stata usata tutta quella diligenza che conveniva(267); che se eravamo noi a Roma, passava altrimenti. Et per fine anch'io le bacio le mani affettuosamente, e le priego da N. S. Dio sanità con ogn'altro bene desiderato.
     
      Di Roma, li 8 di Settembre 1623.
      Di V. S. molto Ill.re et Ecc.maSer.re Aff.mo e Vero
      Franc.o Stelluti L.o
     
     
     
      1576*.
     
      GALILEO a [FRANCESCO BARBERINI in Roma].
      Firenze, 19 settembre 1623.
     
      Bibl. Barberiniana in Roma. Cod. LXXIV, 25, car. 12. - Autografa.
     
      Ill.mo e Rev.mo Sig.mo e Pad.ne Col.mo
     
      Io non vorrei che dal mio tardo comparire innanzi a V. S. Ill.ma et Rev.ma a congratularmi dell'esaltazione del Beat.mo suo zio al pontificato ella arguisse in me allegrezza minore che in qualunque altro suo servitore, essendo veramente il mio giubilo in quello altissimo grado di che mente e cuore humano può esser capace: ma della mia tardanza sono stati a parte il caso e la elezzione; quello, col raddoppiarmi nell'istesso tempo la mia già cominciata infirmità, forse per temperar l'eccesso della mia allegrezza; e questa, perchè mi pareva di poter ragionevolmente temere che la mia voce, per sè stessa languida e debile, fosse per rimaner muta e poco sensibile alle orecchie di V. S. Ill.ma tra 'l numeroso et altissimo concento di quelle di tanti suoi congiunti, parenti, amici e servidori di gran merito. Ora che in me cessano in parte amendue gl'impedimenti, vengo a pagare un tanto debito; e per renderla certa dell'inesplicabil contento che mi arreca la salita di S. B. al più subblime trono, dovrà esser concludente argomento il dirgli come soavissimo mi è per esser quello che mi resta di vita, e men grave assai del consueto la morte, qualunque volta ella mi sopraggiunga: vivere felicissimo, ravvivandosi la speranza, già del tutto sepolta, di esser per veder richiamate dal lor lungo esilio le più peregrine lettere; e morirò contento, essendomi trovato vivo al più glorioso successo del più amato e reverito padrone che io avessi al mondo, sì che altra pari allegrezza nè sperare nè desiderar potrei.


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Le opere di Galileo Galilei
Volume XIII. Carteggio 1620-1628
di Galileo Galilei
Barbera Firenze
1964-1965 pagine 592

   





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