Io dirò quel che m'occorre, e poi mi rimetterò, come è mente di V. S., a S. S. Ill.ma, la quale da quattro giorni in qua sta in letto con un poco d'asma e di dolore e catarro nel viso. I fogli(323) mandati da V. S. furon pochi, ma il detto S.r D. Verginio gli ha quasi tutti in camera, e se non ne davo lume io, poichè sono arrivato a Roma, si stavan quivi; chè quel Cavaliere non gli avrebbe mai lasciati uscir di quivi, tenendosi gravemente offeso. N'ànno avuti molti amici, e uno n'ho fatto anche venire in mano del Sarsi, che l'ha avuto caro in apparenza; chè di già andava dicendo, essergli stato alterato il testo della sua Libra.
Qua, oltre agli amici suoi di costà, V. S. troverrà pochi che sieno abili a gustare, come conviene, delle sue cose; non dimeno l'agevolezza che ella ha maravigliosa in ispiegare i suoi concetti, spero che abbia a piacere straordinariamente a chi più non l'ha sentita, e che sino a ora è uso a leggere i libri degli altri filosofi senza stomacare; che io restai alcune sere sono grandemente ammirato, che un signore avesse tanta gran pazienza che potesse legger tutto un libretto di Giulio Cesare Lagalla De caelo animato(324), sì come fece alla mia presenza, donandomi poi il libro, con dirmi che io guardassi di non diventare affatto peripatetico. Io gli dissi che volevo, in contraccambio di quella lezione fattami in quella sera, leggere un'altra volta a lui una satira, se però il S.r Iacopo Soldani me la manderà, in proposito della dottrina del barbone di Stagira(325), la quale forse piacerebbe più che non piacque a me quella scrittura della Galla.
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