A che io replicai che il pensiero di V. S. di mostrare col moto della terra le reciprocazioni de' flussi e reflussi e la varietà de' tempi ne' quali si fanno detti moti, era veramente da commendare; ma che se la storia non era interamente vera di quel che avviene in uno e in un altro paese, ciò non era colpa sua; e aggiunsi che tal discorso era anche imperfetto, ma speravo bene che dovesse, per quanto s'aspettava a lei, render perfetto, con assegnare le cause d'altri effetti, che nel primo si tacevano. E qui cademmo a ragionare del moto della terra, del quale V. S. si serviva ex hypothesi, e non per principio stabilito come vero: dove il Padre disse, che quando si trovasse una dimostrazione per detto moto, che converrebbe interpretare la Scrittura Sacra altrimenti che non s'è fatto ne' luoghi dove si favella della stabilità della terra o moto del cielo, e questo ex sententia Card.1is Bellarminii; alla quale opinione io prestai totalmente l'assenso. E così, e con cirimonie, si partì il primo congresso.
Mi tornò doppo alcuni giorni a visitare, e doppo varii discorsi io gli diedi a leggere una scrittura che quel Conte Castelli(421) da Terni, amico di V. S., mi portò mentre avevo la febbre, e me la lasciò perchè io la vedessi; nella quale trattava d'accordare un luogo d'Archimede con uno di Plinio, e uno d'Aristotele e di Vitruvio, che non l'avevo letta prima, e lascio considerare a V. S. che cosa è. Doppo ragionammo delle cose che V. S. ha da dar fuora, cioè del trattato del moto e le tavole de' Pianeti Medicei, e simili; e perchè ero con la febbre, non fu molto lungo il ragionamento.
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