Approvò egli tutto il discorso, e lodò grandemente la facilità che V. S. ha in ispiegare chiaramente il suo concetto. Notò anche la lunghezza della lettera, e mi disse con maraviglia: Il S.r Galileo scrive molto a lungo. A che io risposi che V. S. era al presente in vena di scrivere, acciò egli andasse considerato e avesse temenza di risposta fra poco tempo. Mi disse ancora che un gentiluomo Modenese gli aveva domandato se era vero che rispondesse al Saggiatore, e che, avendo risposto di sì, aveva replicato: Che risponde V. R. a quello che il S.r Galileo dice contro Ticone circa alla dimostrazione del trovare il luogo e l'altezza della cometa? et il Padre aveva detto che ciò non toccava punto a lui, e che V. S. stessa confessava di non credere in modo nessuno che il P. Grassi avesse sì poca mattematica, che non si fosse accorto degli errori di Ticone. Mi disse ancora che non voleva toccare questioni nuove di nessuna sorte, come V. S. aveva cercato di tirarvelo; e concluse che desiderava sommamente la sua grazia, e pregava me a esserne mezzano: a che io soggiunsi che V. S. lo stimava d'ingegno eminente e libero, e che si poteva accorgere da quella difesa che gli avevo mostrata, che ella aveva ottima volontà inverso di lui.
Questa risposta veramente mi è giunta molto nuova, perchè avendo con tanti mezzi cercato di essermi amico, mi persuadevo che con la nuova amicizia si avesse a stabilire un accordo e un silenzio perpetuo delle cose passate. Ora, essendomi ingannato, sono andato pensando anch'io a qualche risentimento, il quale servisse come per caparra, da darglisi subito doppo la pubblicazione della sua scrittura, d'una risposta più lunga di V. S. Io ho scorso un poco la censura del Chiaramonti al Problema del P. Grassi, e mi è parso, così a prima vista, che, eccettuato quel terzo argomento, gli altri siano confutati assai bene.
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