Sono due mesi e mezo che io mi ritrovo in Pisa; e sapendo quanto, oltre al commune debito di reverenza che ha tutto l'universo con V. S. Ecc.ma, quanto, dico, io mi ritrovi da i particolari benefizzi riceuti astretto a mostrargli segni di ossequio et osservanza, non dimeno sono stato tanto scortese e mal creato, che in tanto tempo non gl'ho pure scritto un minimo verso, ma ho con ostinato silenzio ingratissimamente taciuto. Questo sì grave fallo mi tien di maniera martirizzato, che son necessitato a depor la vergogna et usar nuova impertinenza con pregarla a volermi quanto prima scriver una lettera et in essa mostrarmi (cosa che ella saprà, come tutte l'altre, fare ottimamente) che il mio errore è leggiere et escusabile. In tanto, perchè ella vegga che io comincio a esser diligente, dove che il Sig.r Dino(892) voleva stasera scrivere a V. S. per sè et per me, ho voluto scriver io per me e per lui, perchè a questo modo io comincerò a pagar il fio della mia negligenza, e V. S. verrà quel manco infastidita.
Gli dico dunque per parte del S.r Peri, come sabato passato egli consegnò a Baldo di Agnolo Tosi dalla Castellina cinquanta cantucci e 6 fiaschi di greco, franco di porto ogni cosa. Il greco era del meglio che si trovi a Pisa, dove, fuor di quel greco, non c'è cosa buona di sorte alcuna: però, mentre a V. S. piacesse estremamente il detto greco, c'è da servirla, et io gne ne manderò quanto ne vorrà; ma caso che cotesto non sodisfaccia a V. S. pienamente, io gli manderò d'un'altra sorte di vino migliore, per quel che ne promettono i grecaioli, che presto si aspetta dal mare.
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