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      Le risposte proterve e insolenti furono tali, che mi parvero più da matto che da vizioso. Mi replicò in faccia che non voleva prediche, che quello che li dicevo in un orecchio usciva per l'altro, e, quel che fu peggio di tutto, mi disse queste precise parole: Perchè credete voi che mio padre e mio zio mi habbino mandato qua? forsi che mio padre non mi poteva insegnar meglio d'ogn'altro? l'hanno fatto perchè non vogliono haver cura di me. Io restai stordito; con tutto ciò lo minacciai per sino di castigarlo di mia mano come un matto, e che se non pensava di mutar stile, che haverei fatta risoluzione di dar conto d'ogni cosa al Ser.mo di Baviera e a V. S., e che io mi era trattenuto per non amareggiarla; e in somma feci il debito mio, e li dissi che questa sarebbe stata l'ultima volta di adoperar parole. Di quanta amarezza mi sia stato questo negozio, pensilo V. S.; e sappia che il spavento che io hebbi della nova della sua infermità, mi ha principalmente trattenuto che io non li habbia scritto sin hora alla libera; ma perchè vedo che il male è grande, e si deve temere del peggio, e massime che V. S. me lo comanda, glie lo scrivo fedelmente e sinceramente: mi perdoni se li sono di disturbo. Per compimento d'ogni cosa, quando penso di ricevere il ricapito per la pensione, ritrovo che le lettere di mio fratello mi danno la nova della morte improvisa di Mons.r Vicario di Brescia, che la doveva pagare, seguita a' 15 del presente; tal che non haverà manco letta la mia ultima, nella quale li mandavo la fede del chiericato del Sig.r Vincenzo.


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Le opere di Galileo Galilei
Volume XIII. Carteggio 1620-1628
di Galileo Galilei
Barbera Firenze
1964-1965 pagine 592

   





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