Firenze.
1892.
BENEDETTO CASTELLI a GALILEO in Firenze.
Roma, 24 giugno 1628.
Bibl. Naz. Fir. Mss. Gal., P. I, T. IX, car. 117-118. - Autografa.
Molto Ill.re Sig.r mio Col.mo
Io non posso far di meno di non significare a V. S. la natura del Sig.r Vincenzo indisciplinabile, acciò stia ben avvertita e non si lasci ingannare. Qua si lasciava a piena bocca intendere che voleva fare a suo modo, e che quello che gli era detto per un orecchio usciva per l'altro, e si rideva di qualsivoglia severissima riprensione. Le prattiche cattive, contro la volontà del suo ospite, contro i miei ordini e del Sig.r Crivelli, sono state inseparabili, ma quel che mi spaventa e fa tremare, è la temerità grandissima e inconsiderata con che tratta delle cose della religione: che se fosse nato e allevato in Ginevra, sarebbe almeno più cauto, se non savio. Sig.r Galileo, stia avvertita a questo punto, perchè è atto, e per malizia e per pazzia, a dare in grandissimi scoglii. Dopo che ha hauta la nova di dovere ritornare a Firenze, è andato a dimandare denari in prestito, e in grossa somma, sino a cento scudi, per quanto mi vien riferto, a uno in casa di Mons.r Ciampoli, e si ridusse a un scudo: io non so che disegno fosse il suo. Ha ricercato altri, e non so nessuno gli ne habbia dati, se non uno che intendo che gli ha dato cinque scudi; e credo che pochi più ne possa havere ritrovati. Io diedi ordine al Sig.r Silvii che andasse lento a dargliene, nè credo habbia con lui fatto colpo: e se fossi in V. S., non vorrei pagare nessuno di questi, perchè sono di quei medesimi che, se io li havessi pregati, non mi haverebbero hauto credito di un giulio.
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