Le dico dunque, come io, sebene e per il ragionevole stipendio che ho da questo Studio, e per la benevolenza del Principe, e per la vicinanza de' miei e per altri commodi et interessi, ho gran cagione di contentarmi del mio stato presente, tuttavia se mi sortisse il poter haver la cattedra di Padova, l'accetterei volentieri, e per veder quelle città, il cui nome solo mi produce interna allegrezza e curiosità, e per maggiormente stimolarmi a far progressi nella professione, e per riconoscere i nobili vestigi in quelle parti altamente impressi dalla singolar dottrina di V. S. Bisogna ben ch'io consideri, che seben la mediocrità del mio merito si deve contentar d'ogni cosa, tuttavia la tenuità delle mie sostanze non comporta che io mi lasci deteriorar le condizioni che ho di presente. Già V. S. sa la mia provvisione: a questa si aggiugne l'augumento, che a punto, havendo finito il quadriennio, mi tocca quest'anno, e sarà, secondo il mio pensiero, intorno a 50 scudi: in oltre non son fuori di speranza di ottenere il Collegio, che importerebbe circa a 60 altri scudi. Di modo che non mi par di dover pigliar altra lettura se io non ho almeno 450 scudi di provvisione.
Questo è quanto mi occorre dirle. Qui facendo fine le bacio con affetto inesplicabile le mani, mi rallegro seco di cuore per l'ottime nuove datemi dal Sig.r Dino(217), e gl'auguro felicissimo il viaggio di Roma, nel quale e doppo il quale piaccia a Dio di concederle tante prosperità quant'ella merita et io le desidero.
Pisa, 17 di Aprile 1630.
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