Io vorrei mandarla (cioè li sportelli)(314) a V. S., acciò me la accomodassi con panno incerato, che, quando sia vecchio, non credo che darà fastidio; ma prima havrò caro di sapere s'ella si contenti di farmi questo servizio. Non dubito della sua amorevolezza; ma perchè l'opera è più tosto da legnaiuoli che da filosofi, ho qualche temenza. Dicami adunque liberamente l'animo suo, ch'io in tanto, insieme con la Madre badessa e tutte le amiche, la saluto di cuore, e prego Dio benedetto che la conservi nella Sua gratia.
Di S. Matteo, li 10 di 7mbre 1630.
Sua Fig.la Aff.maSuor M. Celeste.
Fuori: Al molto Ill.re et Amatiss.mo S.r Padre
Il Sig.r Galileo Galilei.
Firenze.
2058.
BENEDETTO CASTELLI a GALILEO in Firenze.
Roma, 13 settembre 1630.
Bibl. Naz. Fir. Mss. Gal., P. I, T. IX, car. 216. - Autografa.
Molto Ill.re Sig.r e P.ron Col.mo
Hora solamente ricevo la lettera di V. S. molto Ill.re, e però non è possibile questa sera trattare col Padre Maestro. Dimani farò il servizio, con quella maggiore destrezza che sarà possibile e ci bisogna per un rispetto che non posso mettere in carta: di tutto quel che seguirà li darò conto.
Scrivo nell'anticamere del Sig.r Card.l Padrone, al quale ho letta solamente quella parte della lettera di V. S. che concerne alla nova che mi dà, cara quanto se fosse della mia patria stessa, della sanità di Firenze e dello Stato del Ser.mo Gran Duca mio Signore, che Dio conservi; e l'ho letta insieme con un simile avviso che mi dà il molto Rev.do Padre Abbate Don Serafino di Siena: e la nova è stata gradita da S. Emin.za È ben vero che havendomi scritto V. S. che cotesti affannoni fanno apparire il male, che è lontano, lo fanno, dico, apparire vicino, li ho soggionto che V. S. n'è cagione con la sua invenzione dell'occhiale, e che però bisogna prohibirne l'uso a questi tali; e S. Em.za si mise a ridere.
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